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Ammentos 2019

Ammentos di un “cinghialetto”. Ollolai, Villasimius... la 600 multipla, le pecore ed i giovani subacquei        di Peppino Columbu

 

Ricordo sempre quella mattina del mese di luglio del 1961 quando dopo aver dormito in campagna “lahinzarzu” (addetto alla custodia delle agnelle) nell’ovile di famiglia, a metà mattinata arrivò mio padre da Ollolai e mi disse: “Macelliamo un maialetto e vai a portarlo con l’asinello a Orani dai Sirca, perché domani parti a Cagliari”. “A Cagliari? Che ci vado a fare”. “Andrai a studiare in collegio”. Rimasi sbalordito, ma, naturalmente, accettai, senza battere ciglio, la scelta della famiglia, che si rilevò saggia (Oggi parliamo spesso di necessità di coinvolgimento del ragazzo nella scelta scolastica). Viaggio lunghissimo a Cagliari e poi a Chia nella colonia, credo che la spiaggia che oggi porta il nome de “Sa Colonia” sia proprio quella dove noi passavamo il mese di agosto. Successivamente ci fu la visita in paese di Padre Puggioni di Borore, l’animatore della Lega Missionaria Studenti, l’amico di Raoul Follerau, un grande missionario che ci voleva tanto bene; forse su suggerimento del nostro parroco don Virgilio Sanna ci portò (me e Antonio Ladu) in campagna per un piccolo spuntino e una bella chiaccherata, mi incantò e fui contento di andare in collegio.

Ad ottobre iniziò la mia avventura gesuitica nella casa apostolica di via Tuveri, che poi diventò via Sanjust.

Ricordo affettuosamente il Rettore Padre Serra, severo e comprensivo. Quando arrivai in quinta ginnasio, frequentato da esterno al Dettori, cominciavo a manifestare segni di nervosismo, di disubbidienza e di disaffezione per la vita collegiale. Padre Serra fece visita in paese dove io avevo avuto anche qualche battibecco con il parroco don Argiolas che mi rimproverava perché saltavo qualche messa mattutina anche se, in verità, io ero giustificato perché andavo in campagna ad aiutare mio padre. Padre Serra si mostrò molto comprensivo e quasi rimproverò il parroco per la sua rigidità, dicendogli che ero come un uccellino pronto a volare e nessuno avrebbe più potuto trattenermi, e così fu. Dopo la 5^ ginnasio non andai a Torino.

Di Padre Pretto, insegnante severo di matematica, ricordo un episodio divertente, forse dopo che avevamo schiacciato dei baccelli puzzolenti di una pianta che si trovava nel cortile, fu prodotto in classe un odore nauseabondo intensissimo. Noi chiedevamo al professore di aprire le finestre, ma lui imperterrito lo vietò ed usci in corridoio dicendo: “Voi avete fatto la puzza e voi ve la tenete” Quante risate!

I rapporti più continui erano però con i due prefetti Padre Racca e, in particolare, Padre Enrico Deidda con cui tutti stabilimmo un rapporto di grande intesa per le sue capacità di comprensione per quei bambini capitati nel collegio di Cagliari e ammiratissimo giocoliere del pallone, che ci incantava con le sue acrobazie (allora si diceva che avrebbe potuto andare a giocare con il Cagliari che allora ambiva a un posto in serie A, ma preferì seguire la sua vocazione).

Si soffriva la nostalgia della famiglia e ogni tanto scappava qualche lacrimuccia, ma il ritmo delle attività quotidiane, studio, gioco, preghiera, era talmente intenso che si superavano agevolmente anche i momenti di difficoltà. Tanti compagni non riuscivano a sopportare la vita collegiale e le famiglie li ritiravano anzitempo. Io considero quella esperienza oltre che formativa anche umanamente completa. L’abbinamento di un sistema di studio serio, metodico, razionale e premiante, al sistema di vita comunitario, basato sulla comprensione, ma anche sulla premialità, con gli stimoli che derivavano anche dalle attività collaterali giornaliere, con la pratica di tante attività sportive o ludiche, stimolavano i ragazzi e consentivano loro di superare le oggettive difficoltà derivate dalla lontananza della famiglia. Quando non si giocava nei campi all’aperto c’era la sala ping pong e del biliardo dove giocavamo e praticavamo altre attività. Ricordo, in particolare, che nel primo periodo del mio arrivo, quando scendevamo in quella sala, il mio amico e paesano Carlo Casula, più grande di me di due anni, organizzava, se non sbaglio con Vittorio Dessi, piccoli tornei de S’istrumpa per i ragazzi nuovi arrivati, forse rendendosi conto che la confidenza degli ollolaesi con quella lotta tradizionale, avrebbe portato alla vittoria del suo favorito che ero io e, in realtà, in quel contesto non avevo avversari: vincevo sempre io e il torneo ebbe quindi vita breve. Carlo portava vanto per la superiorità degli ollolaesi in quella lotta e gareggiava dialetticamente con gli altri “montagnini” per sostenere la sua teoria.

E …..i viaggi con la 600 multipla?????? stracarica di bambini, verso Campu omu, Cala Regina o altre località, sono un ricordo che non può essere cancellato; per non parlare delle estati nella casa dei gesuiti di Villasimius, dei tuffi dal trampolino granitico, dove oggi è sorto il porticciolo, delle nuotate verso l’isola dei cavoli con un padre di cui non ricordo il nome, che veniva da Torino e guidava anche dieci bambini con la maschera, tutti in fila mentre si cantava ( a pensarlo oggi mi vengono i brividi). Tutti ricordi di un periodo della mia adolescenza fantastico, ricco di esperienza formativa, culturale e religiosa intensa. Mi pare di poter dire di aver vissuto di rendita per un buon periodo degli anni di studio successivi.

 

 
 
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