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Ammentos 2019

Quando portavo i pantaloni alla zuava    di Salvatore Fozzi

 

Era l’estate del lontano 1957 quando, accompagnato da mia madre, conobbi per la prima volta il collegio e la Scuola Apostolica dei Padri Gesuiti a Bonorva. Io sono nato in questo paese e vi ho vissuto fino ai primi degli anni Sessanta. L’accoglienza da parte di P. Bartolomeo Cavaglià, allora rettore di fresca nomina, fu caratterizzata da simpatia ed affetto. Parlò prima con mamma e successivamente “interrogò” bonariamente me, mettendomi subito a mio agio, mi spiegò un po’ di cose riguardanti la vita collegiale e prima di andar via ci fece visitare la residenza, che io già conoscevo, ma solo dall’esterno essendo non molto distante dal caseggiato scolastico in cui frequentavo le scuole elementari.  La decisione da parte della mia famiglia, purtroppo qualche tempo prima ero rimasto orfano di mio padre, fu presa dopo l’esame di ammissione che sostenni a Bosa. Allora anche Bonorva, pur essendo un grosso centro che contava in quell'anno oltre 7500 abitanti, come d’altronde buona parte dei nostri paesi dell’interno, era sprovvisto della scuola media e fu naturale iscrivermi  presso la scuola dei Padri Gesuiti anche per evitare di dover viaggiare tutti i giorni a Macomer.

Prima del nostro incontro mamma aveva chiesto a Padre Josto Sanna, bonorvese anche lui, suo coetaneo (1908) e compagno di classe alle scuole elementari, la cortesia di fornire le referenze che allora erano necessarie su di me e sulla mia famiglia. Padre Sanna, come molti di voi ricorderanno, è stato il primo superiore della Scuola Apostolica. Grande studioso di storia politica ed in particolare del marxismo della ex Unione Sovietica, ha donato alla biblioteca della Facoltà Teologica un fondo di 5000 titoli sul marxismo ed una preziosa e rara collezione quasi completa della Pravda sovietica.

Il primo giorno di scuola fui accompagnato da mia madre all’Istituto di via Roma, dove ebbe inizio la mia formazione. Ricordo bene anche il modo in cui ero vestito: portavo una camicia bianca con un gilet e i pantaloni alla zuava, che mamma mi aveva fatto confezionare da una sarta. Per qualcuno che non lo sapesse erano pantaloni un po’ inusuali, ampi ed arricciati e fermati sotto il ginocchio da un elastico. Devo dire che questo abbigliamento era poco diffuso in particolare tra i ragazzini del mio paese, ma a mamma piaceva anche perché li aveva indossati mio padre prima di me. Credo che non ne conoscesse l’origine, che proveniva dalla divisa che indossavano gli Zuavi dell’esercito ottomano e successivamente diffusa anche in altre unità di diversi eserciti europei. Continuai ad  utilizzare questo tipo di abbigliamento anche durante tutti gli anni delle scuole medie.

Fui iscritto in collegio in qualità di “seminterno”, praticamente frequentavo la scuola, il doposcuola, pranzavo e cenavo con i miei compagni e tornavo a casa solo per dormire.

Sono stati anni di crescita e di formazione che ricordo con nostalgia e piacere perché mi hanno dato modo di conoscere e di fare amicizia con tanti amici che si sono avvicendati negli anni nella Scuola Apostolica e che non ho mai dimenticato, come non ho mai dimenticato i miei professori.

Voglio citare per primo quello a me più caro, Padre Giuseppe Nesle, uomo di rara cultura ma anche di grande umanità e signorilità, latinista e poeta insigne, mi ha accompagnato nella mia formazione umana e scolastica negli anni più importanti della mia vita. Insegnava lettere e mi ha fatto comprendere ed amare il latino, lingua di cui era un autentico maestro. Voglio ricordare che vinse per due o tre anni il primo premio con la medaglia d’oro del concorso nazionale promosso dal Ministero della Pubblica Istruzione destinato agli alunni dei licei classici di tutta Italia. Appassionato cultore di filodrammatica e di musica scrisse, tra l’altro, testi sacri che furono musicati dal grande compositore di Iglesias don Pietro Allori. Durante le vacanze estive, quando la scuola era chiusa, l’abitudine mi portava quasi quotidianamente a recarmi in collegio anche per poter giocare a ping pong e in diverse occasioni ebbi l’opportunità di accompagnare P. Nesle agli incontri che periodicamente organizzava con i ragazzi del rione della “Stazione”, così chiamato per la vicinanza alle Ferrovie, quartiere che era allora uno dei più poveri e periferici del paese, ma densamente popolato da bambini.

Padre Nesle, travestito da mago, con divisa, cappello alla “mago Merlino” e bacchetta magica, incantava questi bambini e anche le loro mamme, zie e nonne con fantastici giochi di prestigio e di illusionismo, era infatti anche un abilissimo prestigiatore-illusionista. Alla fine di ogni spettacolo distribuiva cioccolatini e caramelle e un codazzo molto numeroso di bambini vocianti lo seguiva e riaccompagnava fino all’istituto.

Padre Tarcisio Pretto. Severo professore di matematica con il quale, debbo confessare, ho avuto dei rapporti non idilliaci, anzi in qualche occasione complicati. Premetto che andavo molto bene in tutte le materie con buoni voti, la matematica era il mio punto debole, forse perché mi trascinavo dalle scuole elementari una preparazione non adeguata e comunque il professor Pretto non ha fatto molto per colmare questa mia lacuna, anzi tutte le volte che mi chiamava alla lavagna per svolgere un’espressione, dopo avermi torturato ben bene, mi mandava a sedere con un cenno della mano, un sorrisetto sarcastico e la sua tipica frase: «Fozzi, a posto, quattro» e questo è stato il voto massimo a cui poteva, secondo lui, aspirare uno come me. Penso che questa sua acredine nei miei confronti sia stata la conseguenza di uno scherzo che la classe, eravamo in terza, aveva organizzato per il pesce d’aprile, uno scherzo per noi innocente ma forse un po’ pesante che comunque lo aveva fatto infuriare. Qualcuno dei miei compagni più zelanti, forse per cautelarsi, aveva riferito che ero stato io uno dei principali organizzatori, mentre devo confessare che ciò non era assolutamente vero in quanto c’entravo ben poco. Comunque così era convinto Padre Pretto e se l’era legata al dito. Questa convinzione è stata chiarita e rimossa, anche con un po’ di commozione da parte sua, in un incontro da lui sollecitato dopo il mio rientro a Cagliari da Genova, dove ero stato per diversi anni per motivi professionali.

Padre Celeste Zancudi. Il nostro padre spirituale, che aveva la camera adiacente alla nostra classe, un sant’uomo che sapeva dirti le parole giuste, ti trasmetteva serenità e ti faceva star bene dopo ogni colloquio o confessione. Ricordo che al termine di ogni incontro mi regalava dei francobolli, essendo lui collezionista, e devo dire che ha trasmesso anche a me questa passione che ho coltivato per anni.

Con Padre Giovanni Puggioni, vi era un altro tipo di rapporto e frequentazione, benché non fosse stato mio professore, mi ha onorato sempre della sua stima ed amicizia, che si è rafforzata quando lo accompagnavo, a bordo della sua scassata Renault, in diversi centri della provincia di Sassari e di Nuoro dove si recava per incontrare i giovani. È stata anche questa un’esperienza importante e gradevole, anche perché alla fine degli incontri venivamo entrambi inviati a pranzo dalle famiglie di questi ragazzi. Ho nuovamente incontrato e frequentato più volte Padre Puggioni dopo il mio rientro da Genova e sono stato uno dei primi componenti della Lega Missionaria Studenti da lui appena fondata, della quale sono stato per anni dirigente.

Termino la mia carrellata di ricordi con fratel Gallonetto, fratello laico, sempre allegro e disponibile, che amava scherzare con noi ragazzi e raccontarci le barzellette, e che tutti i giorni a bordo del suo furgoncino, anche quello non nuovissimo, si recava a Sassari a fare la spesa per sopperire e soddisfare le esigenze di noi famelici collegiali. Per ultimo debbo ricordare il nostro allora giovane prefetto, Padre Antonio Sanna, che con noi condivideva i momenti ludici e ricreativi, giocava infatti insieme a noi a pallone e ci accompagnava nelle passeggiate che immortalava con scatti fotografici che sarebbe bello, se fosse possibile, ritrovare e stampare.

I tre anni trascorsi con i nostri cari Padri e con i compagni di collegio sono stati per me molto importanti, anni non solo di spensieratezza giovanile ma anche di studio e di formazione. Noi tutti ex alunni dobbiamo ringraziare molto questi nostri educatori che con grande sacrificio, costanza e umanità hanno accompagnato la nostra infanzia trasmettendoci cultura e fornendoci una “marcia in più” che ha tracciato nella nostra stradad una sorta di scorciatoia agevolata anche per il proseguo dei nostri studi e non solo dal punto di vista scolastico e pedagogico ma anche da quello umano e di pensiero, assicurandoci quelle basi che ci hanno consentito da adulti di affrontare la vita e le difficoltà ad essa collegate con uno spirito estremamente positivo.

 

 

 
 
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