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Ammentos 2019

Il Padre Rettore e quella sua Pelikan   di Gian Piero Liori

 

“Est un homine ’onu e fìncias e bellu mèda! Semper alìgru e geniòsu” diceva mia Madre di Padre Francesco Serra, il giovane Padre Rettore che trovammo a reggere la Scuola Apostolica appena aperta a Cagliari a fine ottobre 1959.

Dopo la prima media a Bonorva, infatti, i Padri Gesuiti avevano trasferito la Scuola a Cagliari in fondo alla Via Tuveri. Quasi in aperta campagna. In una strada sterrata. Oltre, dove è cresciuto oggi il Quartiere di Genneruxi, c’era soltanto un grande cortile con un enorme magazzino di legname e sughero. E, poi, la campagna aperta verso lo Stagno di Molentargius.

Dalla Scuola si vedevano perfettamente i centri di Monserrato, Selargius, Quartucciu e Quartu (che spettacolo la sera, con le luci che si specchiavano nello Stagno!) e dall’altra parte la Cupola di Bonaria...e la costruenda Chiesa di Santa Caterina con, a sinistra, l’intero costone di Monte Urpinu.

Padre Serra era il Rettore. Noi eravamo una quarantina. Tutti “interni” con la eccezione di Andrea Garzìa, figlio di un “benefattore” dell’Ordine e ricco commerciante della Città. Provenivamo tutti dai “paesi”. Cagliaritani, o che vi abitassero, ce n’erano soltanto due. Desulo, Fonni, Ollolai, Donigala Siurgus, Mandas, Bolotana...erano i centri di provenienza dove Padre Giovanni Puggioni, aveva fatto la “raccolta” delle “vocazioni” passando costantemente di paese in paese ed in ogni scuola elementare...

Ogni mattina, dopo la “levata” alle 6,15, la meditazione e la Messa, c’era la colazione in refettorio in perfetto silenzio (anche se a qualche “nuovo” scappavano esclamazioni di meraviglia per il quasi sconosciuto pane soffice e caldo “Essu! Est mòdde su cohòne!” tollerato anche dal burbero Prefetto, Padre Angelino...) ed una velocissima ricreazione.

Alle 8 in punto si iniziava un’ora di studio in preparazione delle lezioni che “partivano” alle 9 con la eccezione del giovedì allorquando si faceva vacanza.

Si arrivava in Studio come gli atleti alla partenza di una gara: c’era da ripassare qualche lezione, la poesia a memoria, rivedere il quotidiano compito di latino, dare uno sguardo alle regole di matematica che, ovviamente, il Padre Tarcisio Pretto pretendeva a memoria... Ed, infine, c’era l’atteso (e, talvolta, temuto) arrivo del Padre Rettore.

Arrivava, imponente – così io lo vedevo – e bello, con la parrucca perché aveva perso improvvisamente tutti i capelli, e si fermava presso la scrivania di ognuno di noi. Verificava prima di tutto quali erano i voti che avevamo avuto in quaderno il giorno precedente. Si rendeva velocemente conto se i nuovi compiti erano stati eseguiti, dava consigli e, se del caso, qualche rimprovero.

Spesso aspettavo il suo arrivo quasi con ansia gioiosa perché verificasse lo “stato di avanzamento” in latino e matematica, ma – soprattutto il mercoledì – quando dovevo far vedere il solito 4 nel tema di italiano, la mia attesa rasentava il terrore.

Ed, invece, Lui – forse capendo nel profondo questo “villico” arrivato dalla Barbagia – quasi subito mi risollevò dicendomi: “Tranquillo, devi leggere molto. Qualsiasi cosa. Vedrai che quando sarai in 5^ ginnasio incomincerai a scrivere decentemente in Italiano”.

Per Lui, l’importante era che io mi impegnassi e studiassi. Prima o poi....avrei superato l’ostacolo. Infatti andavo benissimo in tutte le altre materie ad incominciare dal Latino, con Padre Fogliati, fino alla matematica con Padre Pretto.

Il Padre Rettore, prima di apporre la firma sui quaderni controllati, mi incoraggiava e si complimentava anche per la mia grafia bella e leggibile. Sapeva certamente che, nei momenti liberi, correvo dal vecchio padre Camillo de Grandis che ci impartiva delle lezioni di Calligrafia e ci abbelliva le prime pagine dei quaderni delle diverse materie con le straordinarie maiuscole gotiche.

Aspettavo la sua firma non soltanto con ansia in attesa della “liberazione” ma anche per poter ammirare la bellissima penna stilografica Pelikan che mi faceva letteralmente impazzire!

Addirittura mi sarebbe piaciuto utilizzarla. Tra l’altro era perfetta e non aveva nessuna “perdita” di inchiostro come le nostre (io avevo sempre le dita macchiate...).

Lui, quasi subito, si rese conto di questo mio piccolo desiderio e, talvolta e soprattutto quando i risultati erano buoni e veniva a conoscenza di voti alti anche in Storia e Geografia, mi permetteva di usarla per scrivere data ed argomento sul quaderno a portata di mano.

La Pelikan di Padre Francesco Serra!!!

Quando ho compiuto i sessanta, mia Sorella Anna, ricordando i miei racconti ed i ricordi su Padre Serra, mi ha regalato una stupenda Pelikan con relativo calamaio.

Come faresti sennò a dimenticare i 4 in Italiano scritto, le rampogne di Padre Fogliati ma, anche la paterna e bonaria attenzione di quel sant’uomo che è stato lo splendido Padre Francesco Serra. Grande Genovese. Oltre che straordinario Padre Gesuita.

E la sua Pelikan che mi faceva impazzire!

 

 

 
 
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