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 La scuola apostolica sarda di Padre Guglielmo Pireddu S.J.              Gli amici delle Scuole Apostoliche Sarde

 

Introduzione generale

Negli ultimi anni dell’ottocento lo scenario ecclesiale italiano risultava in parte minato dalle questioni ancora irrisolte della “questione romana” e degli strascichi polemici e astiosi col parlamento liberale che dal secolo precedente aveva attuato una politica discriminatrice contro gli enti ecclesiastici, coinvolgendo anche le istituzioni scolastiche degli ordini religiosi. La quasi impossibilità di sensibilizzare la gioventù agli ideali della vita consacrata, ispirò gli stessi ordini a ideare una attività scolastica che, nello stesso tempo supplisse alle larghe carenze di istruzione media ancora presenti sul territorio italiano, e dall’altro fornisse anche un ambiente sereno per poter far germogliare eventuali vocazioni religiose, in un’epoca in cui si riteneva che queste si sviluppassero essenzialmente negli anni dell’adolescenza.

Fu così che ordini religiosi già dediti al campo dell’insegnamento, tra cui gesuiti e dehoniani, aprissero scuole medie con funzione di vivai vocazionali; non a caso la dizione ufficiale di queste residenze nella terminologia gesuitica dell’epoca era quella di “Seminarius minus”. Al conseguimento della licenza media, quanti avessero deciso di proseguire non facevano l’ingresso direttamente in noviziato, bensì proseguivano gli studi in appositi licei apostolici, in cui completavano gli studi ginnasiali e liceali.

Gli anni trenta del novecento evidenziano che le diverse province religiose dei gesuiti in Italia avessero aperto una qualche scuola apostolica sul proprio territorio, con relativo liceo. La Sardegna, a motivo del secolare isolamento, che gravava particolarmente sulle zone più interne, si ritrovava in una situazione più critica, stante l’impossibilità di inviare sul “continente” dei giovanissimi adolescenti, per cui si valutò la possibilità di fondarvi una scuola apostolica destinata unicamente ai ragazzi sardi, che avrebbero poi proseguito gli studi in Piemonte.

Al momento della fondazione della scuola di Cagliari (1937) in Italia erano presenti altre sette scuole apostoliche (Loreto, Muzzano, Palermo, Roncovero, Vico Equense, Roma, Acireale). Ma, in assoluto la prima scuola apostolica della provincia Torinese era stata aperta nel principato di Monaco nel lontano 1877, standovi sino al 1918, seguirono i trasferimenti dapprima a Chieri (TO), e poi a Torino, Muzzano e infine Cuneo (dall’autunno del 1952).

La nascita

Le radici di questa scuola vanno individuate nella sollecitazione ricevuta nel 1937 dai gesuiti operanti in Sardegna, da parte del Visitatore p. Japhet Jollain, ex provinciale delle province napoletana e sicula, che aveva sperimentato come lo strumento del “seminarius minus” avesse dato in quelle regioni numerose vocazioni alla Compagnia. In quel momento era superiore delle residenza cagliaritana (appena installatasi nei locali “concessi” dall’ospedale militare, in quella che un tempo fu la casa di noviziato della provincia sarda, cioè la residenza annessa alla chiesa di S. Michele a Stampace) il p. Giuseppe Abbo, che in gioventù era stato alunno della scuola apostolica di Monaco, e che decise di lanciarsi immediatamente nell’impresa. All’epoca la provincia “Torinese” dirigeva già una scuola apostolica, ma sulla penisola, a Muzzano, nel vercellese, che nel 1937-38 accoglieva circa sessanta studenti.

In realtà, anche se era il p. Generale in carica, Wlodimir Ledochowski, a manifestare il desiderio che in Sardegna nascesse una scuola apostolica, spettava poi ai gesuiti in loco, trovare le risorse finanziarie necessarie. P. Abbo non si spaventò, come narra la sua biografia[1] era solito cimentarsi in imprese di questo tipo, ed in un batter d’occhio ottenne la benevolenza del commendator Raffaele Garzia che dapprima concesse l’uso della sua “Villa Maria Pia” (ubicata in viale S. Avendrace), in cui la prima decina di alunni della prima ginnasio poté insediarsi già a partire dal 17 novembre 1937; e pochi mesi dopo fece donazione della stessa villa alla Compagnia di Gesù.

 

Poiché a motivo dello sviluppo delle classi la villa risultava insufficiente a contenere la comunità ed i ragazzi, p. Abbo riuscì a ottenere prima in affitto, e poi ad acquistare nel 1942 l’edificio adiacente alla sua sinistra (la cosiddetta casa Valle). Fu così possibile ampliare il numero dei ragazzi che già nel 1941 aveva raggiunto le 23 unità. In ogni caso la scuola poteva offrire soltanto le prime due classi delle medie, pertanto gli studenti che avessero deciso di proseguire gli studi venivano inviati alla scuola apostolica di Muzzano.

P. Abbo continuò a dimorare nella residenza pastorale di via Ospedale, mantenendovi l’incarico di superiore della stessa, unita alla responsabilità della scuola apostolica, che di fatto era gestita dal direttore, nonché vicesuperiore, l’oristanese p. Pietro Carta Sanna (1875-1945), che inizialmente vi risiedeva assieme ad un altro padre, un fratello coadiutore ed uno “scolastico”, cioè un giovane gesuita in formazione.

Per far fronte alle spese di mantenimento degli studenti, il p. Abbo organizzò tutta una rete di benefattrici che si occuparono in vario modo della scuola, dalle lavandaie che lavavano (a mano) il vestiario dei ragazzi, ad altre signore della nascente congregazione mariana femminile che si quotavano mensilmente, altre che vi destinavano i proventi delle vendite di torte e dolci sardi.

Nel primo numero del 1943 della rivista della provincia Torinese (“Agli amici”), si segnalano anche i primi frutti apostolici della scuola, accennando al fatto che tre alunni hanno fatto ingresso in noviziato, a Cuneo, mentre cinque ragazzi proseguiranno gli studi liceali a Muzzano. Risultano aver frequentato questa prima sede i futuri padri Francesco Mura, Cosimo Onni, Antonio Mancosu, Goffredo Mameli ed il parroco di Fordongianus, don Trudu (tutti frequentanti nel 1939)[2], oltre al p. Luigi Lecca.

Durante il secondo conflitto mondiale, anche questa scuola subì le vicissitudini dei tanti cagliaritani “sfollati” nell’interno dell’isola; per cui la scuola si trasferì a Sedilo nei pressi del santuario di S. Costantino, per due anni scolastici dal 1943 al 1945, col p. Pietro Fortina che vi svolse le funzioni di superiore, sino al ritorno a Cagliari. La ricerca di una sede provvisoria fu fatta in lungo e in largo in tutta l’isola dal p. provinciale Francesco Menochio, ma ogni edificio che potesse risultare adatto risultava già requisito dagli enti pubblici trasferiti da Cagliari.

Infine si accettò la proposta del parroco sedilese, don Vittorio Pinna, di utilizzare gli stessi ambienti del famoso santuario, dedicato al culto di S. Costantino, sede ancora oggi di una rinomata cavalcata (Ardia) che celebra la vittoria di Ponte Milvio.

Si trattava di locali di fortuna, che solo la generosa assistenza del parroco, ne permise la fruibilità. Le vicende belliche che coinvolsero i centri litoranei dell’isola, obbligarono i gesuiti per supplire ai due mesi di interruzione delle lezioni, oltre al prolungare la conclusione dell’anno scolastico a fine luglio, anche a non far rientrare in famiglia gli allievi durante l’estate, permanendo presso la scuola (unico caso noto di rinuncia alle vacanze …).

A motivo poi dell’interruzione bellica dei collegamenti col nord’Italia, non fu possibile inviare gli studenti al liceo apostolico di Torino, pertanto nell’anno 1944-45 fu necessario attivare anche la IV ginnasio, grazie alla presenza forzata del p. Calaresu, impossibilitato a raggiungere la sua destinazione sulla penisola.

Il ritorno a Cagliari fu di breve durata, di soli tre anni, in quanto nel 1948 il padre provinciale Emilio Sogni comunicò al p. Abbo la sospensione delle attività, in attesa della individuazione di una nuova sede più confacente. Nel frattempo, l’insieme degli edifici di via S. Avendrace (in cui risiedevano nove gesuiti) venne trasformato dal p. Buttini nella prima casa di esercizi spirituali cagliaritana, denominata “Villa S. Cuore”.

In seguito negli anni cinquanta, contemporaneamente alla scuola apostolica bonorvese, questo stabile verrà nuovamente riutilizzato a scuola, adibita a conseguire la licenza elementare, una sorta di “nido” per i futuri allievi di Bonorva. Nel 1954-55 la scuola era frequentata da 19 alunni; mentre nel 1955-56 contava dodici presenze (una di queste era il futuro p. Salvatore Zanda).

Rinascita a Bonorva

Durante il tempo di questa sospensione i gesuiti scrutarono l’interno dell’isola alla ricerca di una località che desse maggiori garanzie rispetto alla precarietà della precedente sede. Si presentò una possibilità nel comune di Bonorva; già caro alla Compagnia, in quanto nel 1721 vi era stata aperta una residenza, che aveva operato sino alla soppressione, dando ampi frutti pastorali. Dunque, in questo popoloso comune (all’epoca contava 7.700 abitanti) una benefattrice, Maria Sechi Bitti, vedova del sig. Giammaria Bitti Sechi, aveva erogato un lascito testamentario a favore della diocesi di Sassari, affinché realizzasse in Bonorva una qualche opera a favore della elevazione della gioventù maschile (esattamente un «ospizio maschile con annessa scuola di arti e mestieri») per il tramite di un qualche istituto religioso.

Chiaramente questa opera andava “fondata” per garantirgli una qualche rendita economica stabile; pertanto il Consiglio comunale di Bonorva in data 13 settembre 1952 votò a favore della concessione gratuita dell’area comunale della tanca di “Sos padres” (del valore di circa tre milioni) all’arcivescovo di Sassari, mons. Arcangelo Mazzotti, affinché a sua volta la concedesse in gestione alla erigenda comunità dei padri gesuiti.

La Compagnia di Gesù aveva individuato nel p. Josto Sanna il superiore di questa nuova comunità; pertanto fu questi che perorò al Consiglio comunale anche la destinazione di un’abitazione, all’epoca destinata a scuola elementare (casa Caddia), a pertinenza della futura scuola apostolica per insediarvi anche una scuola media femminile, viste le richieste ricevute in tal senso. A motivo del fatto che nel 1953 sarebbero stati ultimati i lavori del nuovo edificio scolastico comunale, in cui sarebbe stata trasferita la scuola elementare, il Consiglio comunale in data 18 dicembre 1952 accolse la richiesta del p. Sanna. In realtà non fu possibile realizzarla, per i motivi che a breve narreremo.

Fu stilata una prima convenzione il 14 novembre 1954 tra la Provincia Torinese della CdG e l’Arcivescovo pro tempore di Sassari; poi successivamente modificata; nella nuova convenzione si concedeva ai padri gesuiti l’usufrutto dell’eredità Sechi Bitti, concernenti la tanca di Murantas sita nel comune di Macomer, un molino, e l’abitazione ubicata in via Roma 53. Poiché tali beni non potevano essere alienati restavano di proprietà della diocesi turritana ed i gesuiti semplicemente ne avrebbero goduto dell’usufrutto, finché avessero guidato tale opera.

Ma, ancora prima della stipula della convenzione i gesuiti si erano installati a Bonorva (inizialmente con una comunità di cinque membri), avviando le attività a partire dall’anno scolastico 1952-53; con dodici studenti interni e venti esterni. Verrà anche allestita, grazie ad un sussidio regionale, seppur in locali di fortuna, una sorta di “Cantiere artigiano di falegnameria” curato da fr Pollastri che fungeva da scuola per apprendisti falegnami, in attesa di più ampi locali che di fatto non giunsero mai, ma che in compenso permise di dotare di adeguato mobilio tutta la scuola bonorvese, oltre alla nuova residenza gesuitica di Nuoro.

A differenza poi di Cagliari, Bonorva ottenne per la scuola media il titolo di studio che la equiparava alle scuole statali, evitando così di doversi recare per gli esami finali presso altre scuole del circondario.

Piuttosto, fin da subito (1954) comparvero delle difficoltà che avrebbero messo a dura prova la vita di questa scuola; dovute a differenze interpretative tra la Curia diocesana e la provincia gesuitica Torinese. Infatti, in loco ci si lamentò che i padri gesuiti non avessero avviato attività tipicamente oratoriali, e che non avessero costruito un convitto-collegio come auspicato. I padri gesuiti replicarono che essi avevano aperto la scuola media, totalmente gratuita per i ragazzi di Bonorva, pur non avendo potuto accedere ai proventi dell’eredità Sechi Bitti, se non in minima parte (soltanto la palazzina ed il terreno contiguo), in quanto fin dal 1947 era in corso una lite giudiziaria tra gli eredi della stessa che avevano impugnato il testamento; lite della cui esistenza i gesuiti non erano stati neppure informati. E parimenti non avrebbero potuto svolgere attività oratoriali finché non gli fosse stato concesso l’uso della chiesa di S. Antonio, ad essi proposta in un primo tempo, ma di fatto non pervenuta. La stessa scuola, inizialmente, era priva di cappella, e la messa veniva celebrata in una sorta di palestra.

La querelle, dovuta non tanto a inadempienze della diocesi, bensì soprattutto a “resistenze” interne alla realtà bonorvese, proseguì anche gli anni successivi, minando la serenità necessaria per condurvi opere di questo genere. Nondimeno, la Compagnia inviò nella comunità bonorvese nei suoi otto anni di esistenza ben ventinove gesuiti (esattamente: 20 sacerdoti, 3 fratelli coadiutori, 6 scolastici); mentre la scuola apostolica oscillò attorno alle 80 presenze, toccando il picco di apostolici nel 1958-59: ben 41 ragazzi, mentre il massimo di studenti esterni raggiunse le 45 unità. Vediamo nel dettaglio i numeri al netto delle iscrizioni:

Numeri iscritti 1952-53: apostolici: 12 \ esterni: 20

Numeri iscritti 1953-54: apostolici: 25 \ esterni: 40

Numeri iscritti 1954-55: apostolici: 35 \ esterni: 43

Numeri iscritti 1955-56: apostolici: 38 \ esterni: 45

Numeri iscritti 1956-57: apostolici: 40 \ esterni: 45

Numeri iscritti 1957-58: apostolici: 40 \ esterni: 37

Numeri iscritti 1958-59: apostolici: 41 \ esterni: 35.

Per quanto riguarda le vocazioni alla Compagnia di studenti frequentanti questa scuola, esse risultano due: i padri Giampiero Cherchi e Salvatore Zanda. Nel frattempo la causa giudiziaria avente per oggetto l’edificio che ospitava la scuola, si risolse negativamente; il che obbligò ad un drastico e veloce cambio di programmi; ma, ormai i tempi erano maturi affinché si desse alla “Scuola apostolica sarda” una sede ancor più confacente.

Il ritorno a Cagliari

Ancora negli anni sessanta ogni provincia gesuitica d’Italia aveva la sua scuola apostolica: la provincia Torinese a fianco alla scuola di Cagliari manteneva anche quella di Cuneo (erede della scuola apostolica di Muzzano), oltre ad un liceo apostolico a Torino; quella Sicula aveva la scuola a Catania ed il liceo a Bagheria (Pa); la Romana indirizzava gli “apostolici” a Frascati; mentre la Napoletana li orientava a Vico Equense; la Veneta per diversi decenni destinò a scuola apostolica la residenza di Roncovero (Pc) ed il liceo a Milano-Baggio.

Come nuova sede fu individuata un’aerea all’epoca in periferia, alle pendici di Monte Urpinu; alle spalle della recente costruzione delle suore “Figlie Eucaristiche di Cristo Re”. Il grezzo della nuova sede di via Tuveri, i cui lavori erano iniziati nel 1958 su progetto dell’ing. Ruscazio, era stato ultimato nell’estate del 1959; per cui, appena terminato l’anno scolastico, durante l’estate, si provvide al trasporto degli arredi provenienti da Bonorva. Ancora ad ottobre mancavano gli allacci della luce, dell’acqua, altri servizi quali la cucina e la lavanderia; per cui i padri si sistemarono nella sede il 9 ottobre a lume di candela, e solo il 25 ottobre si poté accogliere il primo gruppo di ragazzi, ed il primo novembre iniziarono finalmente le lezioni, proseguendo ancora i lavori di rifinitura.

La casa nel corso del 1962 si dotò di una “colonia marina” grazie alla costruzione di una casa al mare a Villasimius, destinata ad accogliere circa un centinaio di ragazzi oltre a venti padri. Successivamente, dopo la chiusura della scuola apostolica verrà destinata a casa di esercizi della nascente “Opera Esercizi Spirituali”, sorta dalla Congregazione Mariana della residenza cagliaritana di San Michele.

Il secondo anno di attività fu abbastanza proficuo: i ragazzi che sostennero l’esame per la licenza media furono tutti promossi. Inoltre l’ampiezza dei locali permise di far soggiornare non soltanto le tre classi delle medie ma anche gli alunni della IV ginnasio, presso il liceo Dettori.

Il p. Mario Calaresu che già a motivo della sua mancata partenza per la penisola, aveva dato una mano a Sedilo, venne destinato a questa scuola dal 1962, e oltre ai ragazzi, seguiva anche la nuova associazione degli “Antichi alunni dei Padri Gesuiti in Sardegna”, poi seguiti dal p. Michele Casassa.

Anche per il 1963 constatiamo degli ottimi esiti scolastici: su 58 frequentanti la scuola media i promossi furono 50, mentre degli 8 frequentanti la IV ginnasio i promossi furono 7.

Ovviamente anno dopo anno la scuola veniva continuamente rifinita, e nuovi arredi sostituivano quelli vecchi. Con l’arrivo del p. Egidio Boschi, rettore dall’autunno 1966, si ebbe la sostituzione del vecchio altare, la collocazione dei termosifoni in tutta la casa, la sistemazione di una nuova aula magna negli ambienti lasciati liberi dalla Lega Missionaria Studenti di p. Puggioni, e l’aver asfaltato il cortile di mezzo.

Non risultano vocazioni gesuitiche in questo periodo, ma una sola al clero secolare, cioè don Giampiero Zara, originario di Mandas. Quando poi si chiuderà questa scuola, a motivo della incombente necessità di trasferirvi gli ambienti destinati alla Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna nel 1971, il titolo legale della scuola media passò ai frati cappuccini.

Complessivamente la scuola di via Tuveri fu frequentata da 175 studenti interni, e ben 213 esterni. Vediamo gli iscritti per anno (il primo anno si accolsero unicamente gli interni):

Numeri iscritti 1959-60: apostolici: 53

Numeri iscritti 1960-61: apostolici: 52 \ esterni: 10

Numeri iscritti 1961-62: apostolici: 45 \ esterni: 12

Numeri iscritti 1962-63: apostolici: 41 \ esterni: 31

Numeri iscritti 1963-64: apostolici: 45 \ esterni: 40

Numeri iscritti 1964-65: apostolici: 34 \ esterni: 50

Numeri iscritti 1965-66: apostolici: 40 \ esterni: 64

Numeri iscritti 1966-67: apostolici: 27 \ esterni: 55

Numeri iscritti 1967-68: apostolici: 31 \ esterni: 56

Numeri iscritti 1968-69: apostolici: 32 \ esterni: 55

Numeri iscritti 1969-70: apostolici: 30 \ esterni: 46

Numeri iscritti 1970-71: apostolici: 27 \ esterni: 48

Valutazioni conclusive

Estendendo lo sguardo all’intero complesso della provincia Torinese relativamente alla fioritura delle vocazioni religiose sorte all’interno delle scuole apostoliche una statistica del 1965 ci offre dei dati interessanti, riguardanti, però, il complesso degli apostolici dell’intera provincia. Emerge così il dato, oggi completamente ribaltato, che le vocazioni alla Compagnia di Gesù tra il 1940 ed il 1964 risultassero provenienti:

115: dalle scuole apostoliche, pari al 49,5 %

62: dai collegi e dalla Congregazioni mariane, pari al 26,75 %

55: dai seminari, pari al 23,75 %

Si constata anche che, nonostante gli ingressi dalle scuole apostoliche presentino il maggior tasso di uscite (il 33,9%, contro l’11,3% e il 25,5% delle altre due categorie), tuttavia le scuole apostoliche riportino il maggior numero di ingressi sul totale. Così pure risultava un buon risultato scaturito dai licei apostolici[3].

Invece, osservando i dati relativi a tutte le province dell’Assistenza d’Italia per il decennio 1956-65, si osserva una variazione interessante, e cioè che i non apostolici fossero diventati più numerosi (161 pari al 59,4 %), contro gli apostolici (110, pari al 40,6 %); però la perseveranza in Compagnia degli ingressi avuti dalle scuole apostoliche era maggiore: 80,9 % rispetto al 75,18 dei non apostolici[4].

Ma, evidentemente i tempi stavano mutando, e anche tra gli stessi gesuiti emergevano delle perplessità sulla valenza delle scuole apostoliche quali “seminari minori” in un mutato scenario postconciliare. Al momento, però, si ritenne di proseguire in questa attività, mostrandosi contrari all’apertura di “collegi di vocazioni ecclesiali”[5].

Ormai negli anni settanta la scuola italiana era giunta ad un’ottima distribuzione delle scuole medie sul territorio, rendendo ormai superfluo questo servizio; per cui dopo la chiusura di Cagliari, restarono in funzione solo altre due scuole apostoliche: quella di Catania (cessata nel 1976), ed ultima quella di Roncovero che continuò sino al 1978.

In conclusione, possiamo attribuire, anche alla realtà delle scuole apostoliche, una constatazione valida in generale per la realtà ecclesiale isolana, cioè che strutture come queste (senza tralasciare l’importanza in tal senso del Seminario regionale di Cuglieri), contribuirono non poco a formare un buon numero di “quadri” amministrativi e professionali dell’isola. Constatiamo in effetti come da esse, oltre alle esplicite vocazioni religiose, sia scaturito un non piccolo numero di imprenditori, insegnanti, amministratori pubblici, ecc., che diedero il loro onesto contributo durante la “Rinascita” della Sardegna. Il che si situa perfettamente all’interno della vocazione esplicita della Compagnia di Gesù a promuovere tutto ciò che attiene alla elevazione morale e intellettuale di quanti incontra sulla propria via.


 

[1]Giovanni Costa, Padre Giuseppe Abbo SJ, Pinerolo (To) 1978.

 

[2]Cf l’ampia rendicontazione su queste vicende in: “La scuola apostolica sarda e il collegio per esterni”, in Agli amici, a. XXIV (1960), n. 6 (novembre-dicembre), pp. 1-11.

 

[3]Cf Statistiche delle vocazioni nella Provincia Torinese: 1940-65, in Notizie della provincia Torinese, vol. IV, N. 9, giugno 1965, pp. 137-41.

 

[4]Cf Situazione di alcuni seminari minori, in Notizie della provincia Torinese, vol. IV, N. 16, p. 291.

 

[5]Cf Per un aggiornamento delle scuole apostoliche, in Notizie della provincia Torinese, vol. IV, N. 14, aprile 1966, pp. 234-39, N. 15, maggio 1966, pp. 251-60, N. 16, agosto 1966, pp. 276-79.

 

 

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