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       "Gli Uccelli" di Stefano Bergesio (Aristofane by ari-Stefano) - Opera riportata alla luce ed interpretata da Guido Arione

 

 

Canterò una storiella

forse brutta forse bella.

Aristofane di Atene,

già la scrisse lui per bene,

ma io ora la rifarò

e cosi la canterò:

Buoncompagno e Sperabene

eran stufi di Atene,

se ne andaron dagli uccelli

animal carini e belli.

Quivi giunto Pistetero

abbordò un uccello nero:

l’uccel nero era un ghè

e pareva fosse il re.

Speraben con un discorso

parlò al popolo accorso:

“nelle nubi una città

tutti insieme si  farà!”

Sugli uccelli i due compagni

traversar paludi e stagni

e arrivaron finalmente

dove là non esiste niente.

Già le mura avean fondato

e agli dei sacrificato

quando l’aristocrazia,

contro la democrazia,

levò zampe, penne e becchi

chè volean sistemi vecchi.

Pistetero nel consiglio

ad uno spiedo diè di piglio:

“su coraggio miei fratelli,

è nemica degli uccelli

questa gente aristocratica

dalla mente chiusa e statica,

nella pancia fate posto

ne faremo un buon arrosto!”

Detto fatto ben legati

gli uccelletti già spennati,

come tanti salamini

furon cotti gli uccellini.

E intanto la città

costruita s’era già

e la fama giunta n’era

sulla grossa nostra pera,

per cui tutti di quaggiù

se ne andavano lassù.

Se ne andò prima un mercante,

lo segui un filosofante;

Buoncompagno e Sperabene

che avean lasciato Atene

proprio per la mercanzia

e per la filosofia

 

un baston preso percuno

detter botte a ciascheduno

e gli uccelli loro pure

gli beccavan iusto iure;

fatto sta che in un baleno

di cerotti ognun fu pieno

e ambedue a imbrogliar gente

ritornar sul continente.

Venne ultimo un poeta

a caval di una cometa,

con una scopa la guidava

e intanto poetava;

ma anche questo in un momento

già era fuor combattimento

quando un altro inconveniente

presentossi immantinente.

La città che avean fondata

sulle nubi era posata

e cosi sempre impediva

ogni odor che al ciel saliva

e saliva il fumo a stento

degli dei sol nutrimento.

Ercolino allor gli dei,

agli uccelli tanto rei,

giù mandarono perché

discorresse col  lor re.

Ercolino infuriato,

della sua clava armato,

scese giù dall’alto vallo

con il vecchio buon Triballo.

Ma intanto gli uccelletti,

sotto cuochi ben  provetti,

eran giunti con gran cura

al giusto punto di cottura.

Ercolino affamato,

dalla fame già prostrato,

senza farsi più pregare

si buttò giù a mangiare:

“quanto mi  son simpatici

questi uccelli aristocratici,

son certo più gustosi

dei sacrifici fumosi.

Giove intanto quell’infame

se ne muoia pur di fame!”

E la storia finisce cosi

che di fame Giove morì,

pure Ercole però …

per troppo mangiare crepò.

  

 
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