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Canterò una storiella
forse brutta forse bella.
Aristofane di Atene,
già la scrisse lui per bene,
ma io ora la rifarò
e cosi la canterò:
Buoncompagno e Sperabene
eran stufi di Atene,
se ne andaron dagli uccelli
animal carini e belli.
Quivi giunto Pistetero
abbordò un uccello nero:
l’uccel nero era un ghè
e pareva fosse il re.
Speraben con un discorso
parlò al popolo accorso:
“nelle nubi una città
tutti insieme si farà!”
Sugli uccelli i due compagni
traversar paludi e stagni
e arrivaron finalmente
dove là non esiste niente.
Già le mura avean fondato
e agli dei sacrificato
quando l’aristocrazia,
contro la democrazia, |
levò zampe, penne e becchi
chè volean sistemi vecchi.
Pistetero nel consiglio
ad uno spiedo diè di piglio:
“su coraggio miei fratelli,
è nemica degli uccelli
questa gente aristocratica
dalla mente chiusa e statica,
nella pancia fate posto
ne faremo un buon arrosto!”
Detto fatto ben legati
gli uccelletti già spennati,
come tanti salamini
furon cotti gli uccellini.
E intanto la città
costruita s’era già
e la fama giunta n’era
sulla grossa nostra pera,
per cui tutti di quaggiù
se ne andavano lassù.
Se ne andò prima un mercante,
lo segui un filosofante; Buoncompagno e Sperabene
che avean lasciato Atene
proprio per la mercanzia
e per la filosofia
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un baston preso percuno
detter botte a ciascheduno
e gli uccelli loro pure
gli beccavan iusto iure;
fatto sta che in un baleno
di cerotti ognun fu pieno
e ambedue a imbrogliar gente
ritornar sul continente.
Venne ultimo un poeta
a caval di una cometa,
con una scopa la guidava
e intanto poetava;
ma anche questo in un momento
già era fuor combattimento
quando un altro inconveniente
presentossi immantinente.
La città che avean fondata
sulle nubi era posata
e cosi sempre impediva
ogni odor che al ciel saliva
e saliva il fumo a stento
degli dei sol nutrimento.
Ercolino allor gli dei,
agli uccelli tanto rei,
giù mandarono perché
discorresse col lor re. |
Ercolino infuriato,
della sua clava armato,
scese giù dall’alto vallo
con il vecchio buon Triballo.
Ma intanto gli uccelletti,
sotto cuochi ben provetti,
eran giunti con gran cura
al giusto punto di cottura.
Ercolino affamato,
dalla fame già prostrato,
senza farsi più pregare
si buttò giù a mangiare:
“quanto mi son simpatici
questi uccelli aristocratici,
son certo più gustosi
dei sacrifici fumosi.
Giove intanto quell’infame
se ne muoia pur di fame!”
E la storia finisce cosi
che di fame Giove morì,
pure Ercole però …
per troppo mangiare crepò. |